Obbligo di risarcimento della discriminatoria tassa sui permessi di soggiorno prevista dal D.M. 6.10.2011
Il Tribunale di Agrigento, come in precedenza aveva sancito il Tribunale di Milano con l’ordinanza del 8 luglio 2016, riconosce il risarcimento del danno patrimoniale subito da quattro cittadini stranieri che hanno richiesto di “accertare la discriminazione posta in essere dalle amministrazioni per aver determinato l’importo dovuto dai cittadini stranieri per la richiesta di rinnovo o di rilascio del permesso di soggiorno in misura sproporzionata rispetto a ciò che viene richiesto al cittadino italiano per documenti di analoga natura“.
Questa ordinanza si inserisce nel solco della questione aperta a settembre del 2015 in seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea, la quale aveva stabilito che la normativa italiana era in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e il contributo richiesto dalla normativa italiana, tra gli 80 e i 200 euro, era “sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima” e atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva 2003/109/UE; successivamente l’iniqua tassa prevista dal DM 6.10.2011 era stata annullata dal TAR del Lazio il 24 maggio 2016 e ripristinata, seppur con importi minori, con il decreto del Ministero delle Finanze, pubblicato sulla G.U. n. 131 del 8/06/2017, che determina i nuovi contributi per il rilascio/rinnovo permesso di soggiorno a carico dei cittadini extracomunitari.
Il Tribunale di Agrigento ha stabilito che in assenza di specifici elementi (spettava alla pubblica amministrazione provarli), e stante l’impossibilità di determinare in via giurisdizionale l’importo previsto per le tre tipologie di permessi di soggiorno “la domanda di restituzione va accolta con riferimento alla differenza tra l’importo previsto per il permesso di soggiorno elettronico, pari ad euro 27,50 (cfr. punti 9-13 della sentenza del 2.09.2015 della Corte di Giustizia) e quello versato dagli odierni ricorrenti“. Agli importi quantificati si aggiungono gli interessi maturati dalla data della domanda fino al pagamento.
L’ordinanza, attualmente, è stata impugnata dal Ministero ed è pendente in appello.
Ciò non di meno, essendo la stessa ordinanza provvisoriamente esecutiva è in corso la procedura per il recupero coattivo delle somme dovute.
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