Protezione sussidiaria al cittadino gambiano in ragione della presunta omosessualità
La Corte di Appello di Caltanissetta con sentenza del 14/04/2020 ha riconosciuto la protezione sussidiaria al ricorrente gambiano in virtù della sua presunta omosessualità.
Il ricorrente ha raccontato di essere fuggito dal Gambia perché sorpreso nell’atto di compiere un rapporto sessuale con un cittadino inglese.
Seppur dichiaratosi eterosessuale l’assistito ha riferito, durante l’audizione in Commissione, di non riuscire a pagare i suoi studi universitari per via della morte dello zio, il quale – fino al diploma – lo avevo aiutato economicamente nel proseguimento dei suoi studi.
Un giorno conosce un turista inglese di nome Alex che si mostra disposto ad aiutarlo sostenendo i suoi studi all’Università. Il turista chiedeva in cambio rapporti sessuali. L’appellante, desideroso di proseguire i suoi studi, accetta.
Una sera lui e il turista inglese vengono scoperti dalla polizia: il ricorrente riesce a scappare, mentre Alex viene fermato.
Nei giorni successivi, il ricorrente scopre di essere ricercato e per paura di essere perseguitato, decide di lasciare il suo Paese.
In Gambia infatti l’omosessualità è vietata e i rapporti omosessuali costituiscono condotte penalmente rilevanti, puniti con la reclusione sino a 14 anni.
Sebbene per la Commissione Territoriale la storia del ricorrente appare sotto alcuni aspetti non credibile o poco credibile, la Corte di Appello di Caltanissetta ricorda che in materia di credibilità soggettiva del richiedente, le allegazioni di fatti non suffragati da prove devono comunque ritenersi veritiere se: “a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) è stata fornita un’idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi, le dichiarazioni rese sono coerenti e plausibili e correlate alle informazioni generali e specifiche riguardanti il suo caso; c) il richiedente ha presentato la domanda il prima possibile o comunque ha avuto un valido motivo per tardarla; d) dai riscontri effettuati il richiedente è attendibile.”
Nel caso di specie, per la Corte di Appello, il racconto dell’appellante risulta essere sufficientemente dettagliato.
Ed inoltre, la credibilità del racconto trova riscontro anche in quanto riferito dalla psicologa del C.A.R.A. dove era stato accolto l’appellante.
Secondo la dottoressa, sebbene il ragazzo si professi eterosessuale “il quadro psicologico dell’assistito è caratterizzato dalla presenza di tratti di personalità “Borderline” che si manifestano con modalità nevrotiche soprattutto a carico della sfera sessuale. Tale “disturbo” è fondamentalmente di natura relazionale ed impedisce di stabilire rapporti sociali stabili e duraturi. L’ospite, pertanto, ha un vissuto in confusione che lo ha indotto a fare diverse esperienze sessuali, sia omo che etero, finalizzate alla definizione di una propria identità.
Quest’ultima di difficile costituzione all’interno di un contesto socio-culturale opprimente, negante, e violento circa la regolamentazione della sfera sessuale degli individui, come, appunto quella del Gambia […].
Alla luce di quanto precedentemente detto, si ritiene necessario continuare la permanenza del Sig. ****** per continuare un percorso che gli consenta di esprimersi in toto come individuo e soprattutto sentirsi rispettato come persona, dato che, sia i precetti religiosi sia la normativa del proprio paese d’origine, che di fatto, è vincolata dai dettami religiosi appunto, non gli consentono di poter vivere la propria sessualità in piena armonia con sé stesso e con la società, incorrendo in gravi sanzioni pecuniarie che ledono notevolmente la dignità dell’individuo. Un ritorno al paese d’origine sarebbe deleterio a livello psicologico, emotivo, sociale e relazionale della stesso, mettendolo in grave pericolo di vita.”
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